di Giovanni Sabatini, Independent Chair EU T+1 Industry Committee, e Francesco Sciaudone, Managing Partner Grimaldi Alliance.

Le recenti vicende riguardanti l’offerta pubblica di acquisto su Anima sgr effettuata da Banco BPM, tramite Banco BPM Vita, e i riflessi dell’operazione sul piano dei requisiti patrimoniali del gruppo, derivanti dalle interpretazioni normative, evidenziano in modo esemplare la complessità del quadro normativo europeo e la difficoltà per gli operatori di mercato di programmare con ragionevole certezza importanti operazioni di consolidamento.

Nel caso specifico, i diversi impatti dell’acquisizione sul capitale di vigilanza del gruppo e, conseguentemente, sulla redditività dell’operazione sono funzione della possibilità o meno di applicare anche ad acquisizioni effettuate tramite la controllata assicurativa l’art. 49 del Regolamento sui requisiti di capitale (CRR) il cosiddetto “Danish compromise”, “Compromesso danese”, così definito perché raggiunto sotto la presidenza danese. La citata norma offre la possibilità ai gruppi bancari che si configurano come conglomerati finanziari e che soddisfano determinate condizioni di beneficiare di un’esenzione dall’obbligo di deduzione dai fondi propri del valore della partecipazione in una impresa assicurativa e di trattare la partecipazione come una attività ponderata per il rischio.

La norma, originariamente prevista come temporanea, è stata resa definitiva con l’approvazione del pacchetto bancario nel 2023. Successivamente, l’Autorità bancaria europea (Eba) ha fornito, con la risposta a una FAQ, una interpretazione (estensiva) dell’applicazione del “Danish compromise”, secondo cui anche le acquisizioni effettuate attraverso le compagnie assicurative controllate da capogruppo bancarie di conglomerati finanziari possono essere ponderate e non dedotte dal capitale di vigilanza consolidato. In questo senso, si è parlato di Compromesso Danese “al quadrato”, con particolare riferimento al beneficio che da esso può derivare dalla sua applicazione anche nel caso di acquisizione di una società del risparmio gestito effettuata da una banca per il tramite di una sua unità assicurativa.

Una risposta a un quesito rappresenta un atto atipico, difficilmente riconducibile a una specifica categoria giuridica, tuttavia, provenendo dall’amministrazione competente, l’Eba, dovrebbe fornire una ragionevole certezza circa la sua applicabilità ad altre fattispecie simili. Non a caso tale risposta dell’Eba è stata salutata come un importante elemento per rafforzare in Europa il modello di bancassurance. Su questo indirizzo si è inserita, con una prospettiva del tutto diversa, la lettera che la vigilanza della BCE ha inviato a Banco BPM comunicando la sua valutazione negativa circa la possibilità di applicare i benefici del “Danish compromise” all’ acquisizione di Anima Sgr. Dal comunicato della BPM, che riporta stralci della lettera, si legge che la BCE, “senza pregiudizio della valutazione finale dell’Autorità Bancaria Europea” , ritiene che “al closing dell’acquisizione, Anima Holding S.p.A. deve essere ai fini prudenziali consolidata a livello di gruppo ai sensi dell’articolo 18.1 del CRR” e che “l’avviamento e le attività immateriali associati devono essere dedotti dal elementi del capitale primario di classe 1 a norma dell’articolo 36, paragrafo 1, lettera b), e dell’articolo 37 del CRR”.

La BCE, dunque, fornisce una opinione prima che l’Eba si sia espressa in merito e, sebbene la stessa Banca Centrale Europea riconosca, come precedentemente ricordato, che tale opinione non pregiudica le valutazioni dell’EBA, è evidente che la sua presa di posizione netta, senza spazi di dubbio, sulla non applicabilità al caso di specie del “Danish compromise”, abbia un peso rilevante.

In passato, in occasione di un’audizione (17 dicembre 2024) presso il Parlamento europeo, la presidente del Single Supervisory Mechanism, Claudia Buch, aveva ri sposto in modo vago a una domanda specifica su quale fosse l’interpretazione della BCE del “Danish compromise”, facendo riferimento a quanto indicato nel documento della Banca Centrale medesima del 2016, “Guide on options and discretions available in Union law” (pag. 19, cap. 2, par. 6), e specificando che ad ogni modo il tema sarebbe stato affrontato caso per caso.

Riassumendo, ci troviamo di fronte a una norma primaria dai contorni non adeguatamente definiti e a interpretazioni basate su atti difficilmente qualificabili sotto il profilo normativo e con una apparente non identità di valutazione da parte di due autorità europee.

È di tutta evidenza la necessità di dare urgentemente certezza al quadro normativo sui vari livelli (norme primarie e secondarie), ai profili e confini delle competenze delle autorità coinvolte. Astraendo dal particolare e ampliando la riflessione su un piano più generale, osserviamo che oggi il quadro regolamentare europeo è articolato su ben cinque livelli: direttive e regolamenti, ITS (Implementing Technical Standards) e RTS (Regulatory Technical Standards) delle Autorità europee (ESAs), linee guida, aspettative della vigilanza (considerate indicazioni non vincolanti ma nei fatti obbligatorie) e risposte a quesiti frequenti.

Come più sopra dimostrato, spesso i vari livelli del quadro normativo non sono perfettamente coordinati e coerenti tra loro, dando luogo a complessità di interpretazioni e incertezze con rilevanti costi di compliance e, come nel caso descritto, difficoltà a pianificare e realizzare importanti operazioni di consolidamento che vanno proprio nella direzione di rendere più competitivo il settore finanziario europeo. Alla stratificazione di tale quadro si aggiunge anche la presenza di autorità di regolamentazione e supervisione che non sempre adottano i provvedimenti di competenza con le corrette sequenze temporali, aumentando in questo modo il disorientamento dei soggetti vigilati.

Il tema di fondo, dunque, è semplificare il quadro normativo (come indicato in primis dal rapporto Draghi) ma anche attenersi al principio di competenza, per dare certezza del diritto ai comportamenti dei soggetti vigilati. I mercati hanno bisogno di certezze per valutare correttamente le operazioni e fare le scelte di investimento. In questa direzione va l’importante lettera inviata alla Commissaria Maria Luís Albuquerque dai governatori di Banca d’Italia, Banque de France, Bundesbank e Banco de Espana che, congiuntamente, chiedono di avviare un processo di revisione del quadro normativo al fine di verificare “che la complessità della stratificazione dei livelli normativi in Europa non costituisca un ostacolo al raggiungimento dei nostri obiettivi”.

Il diritto europeo ha avuto straordinario successo negli anni proprio per il rigore con il quale i presidi di check and balance in materia di competenza hanno funzionato tra le istituzioni europee (le autorità e, in generale, le amministrazioni europee nel tempo nate, oltre che gli stessi Stati membri), sotto il controllo della Corte di Giustizia. Oggi i mercati europei hanno una finestra di opportunità per attirare gli investitori globali disorientati dall’instabilità del quadro istituzionale e politico di altri grandi mercati, ma per poter esprimere questo potenziale devono offrire regole semplici, certe, una vigilanza efficace e veloce, non ondivaga e imprevedibile. Se non ora, quando?

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