I dazi commerciali, in parte annunciati e in parte applicati dall’amministrazione statunitense, destabilizzano i mercati e potrebbero estendere la fascia dei cittadini meno abbienti. Ne parlano gli economisti, i politici e la gente comune e negli ultimissimi giorni lo ha autorevolmente sottolineato e quantificato nel dettaglio anche il Fondo monetario internazionale (Fmi). Stando al recentissimo World Economic Outlook, l’economia globale è entrata in una fase particolarmente delicata a causa della guerra commerciale dichiarata dal presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, e delle misure di ritorsione già adottate o comunque previste da altri paesi.

I dazi applicati dall’amministrazione USA stanno trascinando l’economia globale in una zona d’ombra

I diversi “dietro front”, le esenzioni parziali e le sospensioni temporanee hanno contribuito ad accrescere l’incertezza, rendendo nei fatti particolarmente arduo prevedere cosa accadrà e ipotizzare strategie correttive e politiche commerciali alternative. Il Fondo monetario internazionale ha conseguentemente rivisto al ribasso le proprie previsioni di crescita globale per l’anno 2025, stimandola al 2,8%, con una riduzione di 0,5 punti percentuali rispetto alle proiezioni formulate all’inizio dell’anno. Per gli Stati Uniti, il Fondo ha operato una revisione al ribasso delle previsioni di crescita di entità superiore rispetto a quella applicata a livello globale: le nuove stime indicano un’espansione dell’1,4% per l’anno in corso, con una riduzione di 0,9 punti percentuali, e dell’1,5% per il prossimo anno, in calo di 0,4 punti. In merito all’area euro, il taglio è stato più contenuto, pari a 0,2 punti percentuali per ciascuno dei due anni considerati, con una crescita ora prevista allo 0,8% nel 2025 e all’1,2% nel 2026.

Per il nostro Paese, il Fondo monetario internazionale indica che l’economia dovrebbe avanzare dello 0,4% nel 2025 e dello 0,8% nel 2026, con tagli rispettivi di 0,3 e 0,1 punti percentuali rispetto alle precedenti previsioni.

La migliore strategia, probabilmente quella di muoversi su più livelli

In uno scenario particolarmente incerto, la migliore strategia per l’Italia, così come per gli altri paesi, è probabilmente quella di muoversi su più livelli, percorrendo parallelamente diverse strade. È essenziale, non solo per la situazione contingente ma anche per il futuro, una risposta unitaria e condivisa a livello europeo, volta a contrastare l’uso discrezionale dei dazi e a tutelare le regole del commercio globale. Non solo misure reattive, quindi, ma una strategia politica di ampio respiro, orientata al rafforzamento della cooperazione internazionale.

Parallelamente, è opportuno intraprendere un percorso di maggiore diversificazione dei mercati di destinazione, guardando ad aree in espansione, come il Sud-est asiatico, il Medio Oriente e l’Africa, che possono offrire nuove opportunità per il Made in Italy. È un percorso lungo e complesso del quale si vedranno i risultati nel medio/lungo periodo. Per lavorare sull’apertura di nuovi mercati di sbocco e, più in generale, sul rilancio della competitività delle imprese italiane, già gravate da un quinquennio di inedite criticità, occorrono investimenti nelle infrastrutture e nella logistica, impulso forte alla digitalizzazione e maggiore promozione. Solo così le aziende nostrane potranno affrontare con efficacia le sfide poste dalle nuove tensioni commerciali e sfruttare le occasioni di crescita che si presentano.

Fondamentale tutelare le filiere del Made in Italy

In tale contesto assume un ruolo cruciale un più facile accesso al credito, fondamentale per tutelare le filiere del Made in Italy, vessillo di qualità e di stile nel mondo. Il Made in Italy viene comunemente definito “il marchio delle 4 A”: Abbigliamento, Alimentare, Automazione, Arredamento. Sono questi, infatti, i macro-settori in cui il nostro Paese riscuote successo e apprezzamento internazionale. In questi comparti operano grandi produttori di origine italiana e si collocano prodotti tipici d’indiscussa eccellenza. Ma non solo grandi produttori: le filiere del Made in Italy abbracciano una miriade di piccole e medie imprese, spesso artigiane, che “ruotano” intorno ai grandi brand. È la parte più consistente e al tempo stesso più vulnerabile del nostro sistema produttivo ed è quella che costruisce e garantisce nei fatti l’eccellenza dei prodotti del nostro Paese. Gli aspetti vincenti dell’italianità sono strettamente connessi con la tradizione, con il know how tramandato da generazioni, con il territorio.

Sul Made in Italy le BCC hanno agito con efficacia

Tradizione e territorio sono elementi presenti anche nel “DNA” delle BCC, da sempre in prima linea nel supportare il tessuto produttivo locale e che anche in questo frangente sono chiamate a dare il proprio contributo. Alla fine del 2024 gli impieghi erogati dalle BCC alle imprese superavano i 74 miliardi di euro. Oltre il 30%, pari a quasi 23 miliardi, era destinato a imprese con meno di 20 addetti (micro-imprese e imprese minori) 3 e circa il 12%, quasi 9 miliardi4, andava a finanziare comparti tipici del Made in Italy. La percentuale di finanziamenti erogati alle imprese di dimensioni ridotte era meno della metà – non arrivando al 14% – nelle banche commerciali. Alla chiusura dell’esercizio 2025, le Banche di Credito Cooperativo si confermavano attori chiave nel sostegno all’economia reale: su ogni 100 euro concessi in prestito al comparto produttivo italiano, ben 11,2 risultavano erogati proprio dalle BCC. Un ruolo ancora più determinante emergeva guardando alle piccole imprese: per ogni 100 euro di finanziamenti destinati ad aziende con meno di 20 dipendenti, ben 22 euro provenivano dalle casse del credito cooperativo. Le BCC hanno rafforzato negli anni il loro ruolo di motori finanziari del territorio, con un metodo selettivo che ha premiato i progetti più solidi. Sul Made in Italy hanno agito con efficacia, unendo radici locali a strategie innovative, garantendo sostegno capillare e di qualità alle eccellenze produttive nazionali.

Un approccio “a chilometro zero” che da sempre si traduce in una valutazione attenta e mirata, basata sulla conoscenza diretta delle realtà locali e delle loro potenzialità. La conferma arriva dai numeri: la qualità del credito erogato dalle BCC ha registrato un progressivo miglioramento nel corso degli ultimi esercizi, nonostante le molteplici turbolenze che hanno caratterizzato il contesto economico. Un segnale di resilienza che evidenzia la capacità di gestione del rischio in scenari complessi. Il rapporto sofferenze/impieghi si è contratto in modo marcato, scendendo dal 7,6% all’1,5% per il settore produttivo nel suo complesso ed è ora pari a meno della metà della media delle altre banche. Nello specifico delle imprese di minore dimensione, l’indicatore ha perso quasi 5 punti percentuali, attestandosi all’1,6% a fronte del 4,1% registrato dalle banche commerciali.

Sui comparti legati al Made in Italy, infine, il dato delle BCC si avvicina all’1,6%, ridotto a un sesto rispetto ai livelli di cinque anni fa. Ma il credito, pur fondamentale, non basta più. In questa fase di straordinaria complessità – stretta tra la crisi dei dazi, il caro energia, la necessità di internazionalizzazione, la pressione del cambiamento climatico e la corsa alla digitalizzazione, per le piccole imprese italiane – è necessaria una consulenza personalizzata che le accompagni in scelte strategiche e operative decisive per il futuro. E il supporto delle Banche di Credito Cooperativo non si limita alla sola erogazione di credito: le BCC forniscono alle imprese dei territori un sostegno “integrale”, supportandole con strategie multilivello che coniugano supporto finanziario e assistenza “su misura” per l’innovazione operativa e la promozione dei prodotti in forme nuove e maggiormente efficaci. In questa fase critica le BCC, con il coordinamento dei Gruppi bancari cooperativi, hanno implementato strategie mirate, con un approccio che combina strumenti finanziari innovativi, partenariati strategici e modelli di prossimità. Gli accordi con SACE, per sostenere la crescita e l’internazionalizzazione delle imprese clienti attra verso strumenti finanziari garantiti, e con SIMEST, per sostenere l’export e contribuire a valorizzare il Made in Italy in nuovi mercati strategici, sono un esempio concreto di significative partnership istituzionali.

L’accesso veicolato dalle BCC ai finanziamenti del Next Generation EU (NGEU) e del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) per riconversioni industriali e formazione del capitale umano dimostrano il ruolo attivo del Credito Cooperativo nell’ottimizzare la conoscenza e l’utilizzo da parte delle imprese italiane degli importanti strumenti disponibili. Infine, progetti come il BCC Innovation Festival, iniziativa tesa a sostenere l’innovazione e l’imprenditorialità in linea con i principi dello sviluppo sostenibile declinati nell’Agenda ONU 2030, testimoniano il supporto del Credito Cooperativo per promuovere lo sviluppo e la competitività delle imprese del Paese. In un contesto segnato dall’incertezza, le banche di comunità del Credito Cooperativo restano, dunque, un solido punto di riferimento. Con soluzioni finanziarie dedicate, competenze specialistiche e l’impulso delle Capogruppo Iccrea Banca e Cassa Centrale Banca, sono ben posizionate nel sostenere le imprese dei territori, aiutandole a superare le sfide attuali e a rilanciarsi verso il futuro. È un impegno che punta non solo a rafforzare il tessuto economico locale, ma anche a incrementare la competitività delle aziende del Made in Italy sullo scacchiere internazionale.

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