La cooperazione di credito cresce senza stravolgere il proprio modello di business. E’ quanto rileva un approfondimento del settimanale “Plus” de “il Sole 24 Ore” nel numero del 23 dicembre. Un articolo che fotografa e analizza le performance delle BCC sui rispettivi territori ed in relazione alla loro appartenenza ai Gruppi Bancari Cooperativi o all’IPS Raiffeisen.

Il patrimonio delle BCC – riporta l’approfondimento – che nel 2018 era di 17,3 miliardi, con l’avvio dei Gruppi Bancari Cooperativo nel 2019 ha innescato un processo di crescita, portando il dato ai 22,6 miliardi del 30 giugno scorso e, tendenzialmente, a superare i 24 miliardi alla fine di quest’anno. L’aumento di 4 miliardi nel solo biennio 2022-2023 è reso possibile, al pari delle altre banche, dalla dinamica dei tassi innescata nel luglio 2022 dalla BCE e dal margine d’interesse incrementato, rispetto al 2021, di 1,4 miliardi nel 2022 e di oltre 2 miliardi quest’anno.

UTILE TRIPLICATO

L’utile netto aggregato è salito a 2.494 milioni nei bilanci 2022, triplicando gli 891 dell’anno prima. Un risultato, quello del 2022, bissato dalle proiezioni a circa 3 miliardi dell’utile atteso per fine anno. Grazie all’elevato accantonamento alle riserve degli utili 2022 (90%) e 2021 (87%) – quote superiori al minimo del 70% richiesto dal Testo Unico Bancario alle BCC — anche il profilo patrimoniale ne esce rafforzato, con un coefficiente Cet1 aggregato dei Gruppi del 21,3% al 30 giugno (al 30 settembre, per il Gruppo BCC Iccrea era al 20,78% e per il Gruppo Cassa Centrale Banca al 23,89%).

“Un valore – sottolinea il “Sole 24 Ore” – che colloca il credito cooperativo in posizione di vertice in Italia, ma anche in Europa, dove il dato medio a giugno era del 16% e il 75-esimo percentile al 20,1%, soglia oltre la quale si collocano le banche con i profili migliori”.

LA FORTE PRESENZA TERRITORIALE DELLE BCC

L’approfondimento ricorda inoltre come prima che l’apertura degli sportelli fosse liberalizzata (marzo 1990), le Casse rurali artigiane erano in prevalenza mono-sportello: a fine 1989, le 728 CRA allora esistenti operavano con 1.446 filiali. La crescita è stata poi esponenziale.

Il numero massimo di 4.448 sportelli è stato raggiunto con 690 BCC nel 2013, quando già da cinque anni – dal picco del 2008 di 34.139 succursali di sistema – le altre banche chiudevano filiali. Al 30 novembre scorso, gli sportelli erano in totale 20.321. Di questi, 4.096 erano di 222 BCC e 16.225 di altre banche (spa, popolari ed estere).

Le BCC, quindi, evidenziano attualmente un calo di 352 sportelli (-8%) sul massimo del 2013, ma di soli 15 rispetto ai 4.111 del 2008. Anno top per le altre banche (con 30.028 filiali) che però operano oggi con 13.810 succursali in meno (-46%).

I cambiamenti in atto nel settore – si legge ancora – sollecitano le banche ad adeguare il loro modello di business e, in particolare, a definire in quale modo supportare e gestire il rapporto con la clientela. “Anche le BCC lo stanno facendo – evidenzia il “Sole 24 ore” – ma difficilmente rinunceranno al loro modo di fare banca che incardina sulle filiali la relazione con i clienti: per prestare loro consulenza e per assisterli con immediatezza e semplicità al fine di renderli autonomi nell’operatività ordinaria”.

Del resto le BCC perseguono lo sviluppo economico-sociale delle comunità e per farlo insieme alle persone che ci vivono, devono rimanere sui territori. A maggior ragione nei Comuni con un grado di urbanizzazione medio e basso, nei quali si concentra — secondo i dati Istat – il 65% della popolazione e il 97% dei comuni (in prevalenza di piccolissime dimensioni) per la metà privi di sportelli bancari. Non è per caso che le BCC siano oggi le uniche banche presenti in 739 comuni, per 1’84,3% sotto i 5 mila abitanti. E che nei comuni fino a 15 mila abitanti il credito cooperativo abbia il 59% dei propri sportelli, mentre le altre banche soltanto il 36%.

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