Il fenomeno del riscaldamento globale è ormai qualcosa di inequivocabile.
Come si legge nel rapporto “Analisi del rischio. I cambiamenti climatici in Italia”, la prima analisi integrata del rischio climatico nel nostro Paese pubblicato dalla Fondazione CMCC, Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici, il rischio connesso ai cambiamenti climatici interessa l’intero territorio italiano e tutti i settori economici.

Il futuro dell’Italia

Le principali reti di osservazione nazionali e regionali dei dati climatici hanno rilevato che, sulla base dei dati attuali, e senza politiche mirate di mitigazione del surriscaldamento climatico, l’Italia è destinata ad essere sempre più calda, con un aumento della temperatura nei prossimi 30 anni fino a 2 gradi in più rispetto al trentennio 1981-2010.

Un aumento della temperatura nei prossimi 30 anni fino a 2 gradi in più

L’ipotesi più grave prevede un innalzamento fino a 5° entro il 2100.

Sono attesi anche: l’aumento di eventi di precipitazione intensa, l’incremento dei periodi senza pioggia e un marcato aumento nella stagione estiva di giorni di caldo intenso con minime al di sopra dei 20°.

È inoltre previsto un aumento del livello del mare diversificato, con +6 cm per l’Adriatico e +8 cm per il Tirreno.

Rischio aggregato per l’Italia: costi economici, strumenti e risorse finanziarie

Ma non si tratta unicamente di una questione ambientale. Al crescere dell’innalzamento della temperatura corrisponde, infatti, anche l’aumento, rapido ed esponenziale, dei costi degli impatti dei cambiamenti climatici stessi, che corrispondono ad un valore fino all’8% del PIL pro capite a fine secolo.

Temi quali la capacità di adattamento e la resilienza, in Italia interessano l’intero territorio, ma il Sud evidenzia qualche ulteriore criticità. Seppur più ricche e sviluppate, anche le regioni settentrionali non sono immuni dagli impatti dei cambiamenti climatici, né sono più preparate per affrontarli.

I cambiamenti climatici potranno essere, allora, anche un fattore in grado di aumentare la disuguaglianza economica tra regioni.

Le perdite maggiori vengono a determinarsi nell’agricoltura e nel settore turistico

Tutti i settori dell’economia italiana risultano impattati negativamente dai cambiamenti climatici, ma le perdite maggiori vengono a determinarsi nell’agricoltura e nel settore turistico. Nel caso di quest’ultimo, ad esempio, la domanda potrebbe contrarsi addirittura fino a 52 miliardi di euro entro la fine del secolo.

Considerando lo scenario peggiore di innalzamento della temperatura, nel periodo 2071-2100, il costo del rischio alluvionale è calcolato in 15,2 miliardi di euro l’anno, i costi da innalzamento del mare arriveranno fino a 5,7 miliardi ed il decremento del valore dei terreni agricoli tra 87 e 162 miliardi.

“Analisi del Rischio. I cambiamenti climatici in Italia”’ del CMCC – Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici

L’allarme è contenuto nel dettagliato report “Analisi del Rischio. I cambiamenti climatici in Italia” del CMCC (Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici) in cui vengono messi in evidenza i principali rischi derivanti dal cambiamento climatico e che riguardano sia gli aspetti economici che naturali.

Si tratta del “punto più avanzato della conoscenza degli impatti e dell’analisi di rischio integrato dei cambiamenti climatici in Italia”, come ha avuto modo di affermare Donatella Spano, membro della Fondazione CMCC e docente dell’Università di Sassari, che ha coordinato i trenta autori che hanno redatto i 5 capitoli che compongono la ricerca.

Fine ultimo di questo studio, analizzando il rischio e i suoi effetti su vari versanti (ambiente, natura, società ed economia), è quello di:

prendere in considerazione le opzioni di risposta individuate dalla ricerca scientifica
sviluppare piani di gestione integrata e sostenibile del territorio
valorizzare le specificità e la peculiarità del territorio stesso
sfruttare le competenze dei diversi contesti territoriali

“La sfida del rischio connesso ai cambiamenti climatici – ha detto la dottoressa Spano – parte dalla conoscenza scientifica per integrare l’adattamento, le soluzioni da mettere in campo di fronte al rischio, in tutte le fasi dei processi decisionali, nelle politiche pubbliche, nei programmi di investimento e nella pianificazione della spesa pubblica, in modo da garantire lo sviluppo sostenibile su tutte le scale territoriali e di governance”.

Conoscenze che sono frutto di ricerca innovativa, sinergia tra le Università che contribuiscono alla Fondazione CMCC e collaborazioni internazionali. Un impegno della comunità scientifica al servizio della società per produrre conoscenza a beneficio dell’intero Paese.

I settori chiave analizzati

Il report analizza il problema prendendo in considerazione alcuni settori particolarmente significativi, per ognuno dei quali sono stati analizzati i rischi-chiave, i principali impatti su alcune funzioni rilevanti dei singoli settori ed i principali aspetti che ne determinano maggiore o minore vulnerabilità.

Rischi per le città e l’ambiente urbano

I centri urbani ospitano il 56% della popolazione italiana e sono i luoghi principali in cui vengono erogati servizi alla cittadinanza. Per quanto riguarda lo specifico dei cambiamenti climatici, rappresentano dei veri e propri hot-spot, ossia aree geografiche caratterizzate da vulnerabilità ed esposizione molto elevate.

I soggetti più fragili, come anziani e bambini, saranno quelli che subiranno maggiori ripercussioni

I soggetti più fragili, come anziani e bambini, saranno quelli che subiranno maggiori ripercussioni a seguito dell’incremento delle temperature medie ed estreme e a causa delle ondate di calore sempre più frequenti.

Sono attesi aumenti di mortalità per cardiopatie ischemiche, ictus, nefropatie e disturbi metabolici da stress termico.

L’interazione tra innalzamento delle temperature in ambiente urbano e concentrazioni di ozono (O3) e polveri sottili (PM10) provocherà infine un aumento delle malattie respiratorie.

Rischio geo-idrologico

L’Italia è già di per se un’area fortemente soggetta a fenomeni di dissesto geologico, idrologico e idraulico. L’innalzamento delle temperature e l’aumento dei fenomeni di precipitazione violenti e localizzati provocherà l’aggravarsi di questa situazione, rendendola ancora più complessa.

Da un lato, lo scioglimento di neve, ghiaccio e permafrost indica che le aree maggiormente interessate da variazioni in magnitudo e stagionalità dei fenomeni di dissesto sono le zone alpine e appenniniche. Dall’altro, le precipitazioni intense contribuiscono ad un ulteriore aumento del rischio idraulico per piccoli bacini, nonché all’aumento dei fenomeni franosi superficiali.

Rischi per le risorse idriche

La sicurezza idrica è fondamentale per uno sviluppo sostenibile del territorio.

Gran parte dei cambiamenti climatici che si prospettano (lunghi periodi di siccità, fenomeni atmosferici estremi e violenti, cambiamenti nel regime delle precipitazioni, riduzione della portata degli afflussi), presentano rischi per la qualità dell’acqua e per la sua disponibilità.

I rischi più rilevanti per la disponibilità idrica sono legati all’elevata competizione settoriale (uso civile, agricolo, industriale, ambientale, produzione energetica) che diventa più marcata nella stagione calda, quando le risorse sono più scarse e la domanda aumenta.

Rischi per l’agricoltura

In questo ambito, il rischio dei cambiamenti climatici in Italia avrà ripercussioni sia per le produzioni vegetali, sia per quelle animali.

I sistemi agricoli possono andare incontro alla riduzione della resa produttiva per molte specie coltivate, accompagnata molto probabilmente da una diminuzione qualitativa dei prodotti.

L’atteso aumento di eventi estremi potrà infine limitare l’espansione di nuove coltivazioni.

Si evidenzia pertanto una possibile espansione verso Nord di zone di coltivazione per specie mediterranee come l’olivo.

Impatti altrettanto negativi sono attesi per il settore dell’allevamento, sia sugli animali allevati che sulle conseguenti ripercussioni per la qualità e quantità delle produzioni.

La sfida da attuare nel settore agricolo è quella di attuare una profonda trasformazione attraverso opportune scelte politiche ed economiche. Sarà fondamentale diffondere informazioni tese a migliorare la consapevolezza di produttori e consumatori al fine di incrementare la resilienza e la sostenibilità delle produzioni.

Questo permetterebbe di tutelare la qualità dei prodotti agricoli, l’ambiente, la sicurezza alimentare e la salute del consumatore.

Rischi d’incendi diffusi

Il patrimonio forestale italiano costituisce il 35% del territorio nazionale e svolge un fondamentale ruolo multifunzionale a vantaggio della collettività, con benefici sia di tipo economico che ambientale.

Nei prossimi decenni il rischio-incendi aumenterà del 20%, mentre è previsto che la stagione degli incendi subisca un allungamento (tra i 20 e 40 giorni), così come aumenterà il numero delle giornate con pericolosità estrema. Da ciò consegue un incremento delle emissioni di gas dannosi per l’effetto serra e di particolato, con impatti negativi sulla salute umana e sul ciclo del carbonio.

Un aiuto dal digitale

È chiaro che i cambiamenti climatici richiederanno numerosi investimenti e rappresentano un’opportunità di sviluppo sostenibile che il Green Deal europeo riconosce come unico modello di sviluppo per il futuro.

Un aiuto può arrivare anche dall’ambito digitale. L’impiego di tecnologie, quali intelligenza artificiale e open data, potrebbe essere d’aiuto nel prevedere la domanda d’acqua in ciascun settore, favorendo così la riduzione degli sprechi, garantendo la disponibilità idrica e ottimizzando tutto il processo.

L’impiego di tecnologie, quali intelligenza artificiale e open data, potrebbe essere d’aiuto

Dal momento che, come si è visto, saranno le città e le realtà urbane a subire gli effetti più dannosi del cambiamento climatico, si potrebbe pensare di cercar di trasformare le città in smart city.

E in tal senso il digitale si rivela strategico per aiutare a trasformare la mobilità urbana, il sistema di riciclo e smaltimento dei rifiuti, l’utilizzo degli spazi verdi, l’architettura e la costruzione di nuove infrastrutture e più in generale l’urbanizzazione del futuro.

Attraverso la promozione dei servizi di sharing mobility, ad esempio, è possibile ridurre le emissioni di CO2 derivanti dagli spostamenti, preferendo i mezzi di trasporto elettrici.

L’installazione di sistemi di sensori consentirebbe la raccolta dati sulla qualità dell’aria e dell’acqua per poi renderli disponibili a tutti, come già accade in alcune realtà urbane. La presa di coscienza del problema e la valutazione sistematica dei rischi devono essere una parte fondamentale del processo decisionale e strategico da parte di Governi, Amministrazioni e imprese, ma devono essere presenti anche nelle scelte quotidiane dei singoli cittadini.

L’impegno comune delle BCC

Investire risorse nell’adattamento climatico non è più da considerarsi un’”azione ambientale”, ma coincide con il promuovere la qualità della vita e la sostenibilità dello sviluppo sociale ed economico italiano.

Attuare una trasformazione orientata in questo senso è una priorità assoluta, soprattutto nella situazione di crisi sanitaria, sociale e economica causata dalla pandemia di COVID-19, che ha riportato l’attenzione dei governi e dei cittadini sulla necessità di garantire una maggiore resilienza dei sistemi sociali, ambientali e economici a situazioni di stress di diversa origine.

Un concetto ben noto a BCC, come è stato infatti dimostrato a Firenze nel settembre scorso in occasione della seconda edizione del Festival Nazionale dell’Economia Civile. Proprio in quella sede, Augusto dell’Erba, Presidente di Federcasse, ha ribadito come “in questo momento di forte difficoltà, la relazione diventa necessaria per generare valore e metterlo a disposizione della comunità. Noi come Credito Cooperativo rappresentiamo un modo diverso di fare banca, che punta a ri-generare attraverso lo scambio mutualistico creando valore economico a vantaggio delle comunità”.

Un webinar dedicato al Green Deal

Al più grande tema dei cambiamenti climatici, alla sfida del Green Deal europeo, agli impatti sui sistemi finanziari ed al contributo che possono dare le Banche di Credito Cooperativo, Federcasse il 10 dicembre scorso ha dedicato un webinar, cui hanno partecipato, tra gli altri, il Direttore Generale del Dipartimento Riforme Strutturali della Commissione Europea Mario Nava, il Direttore del Servizio Regolamentazione e Analisi macroprudenziale, Dipartimento vigilanza bancaria e finanziaria di Banca d’Italia, Michele Lanotte ed i responsabili di settore dei Gruppi Bancari Cooperativi e di Cassa Centrale Raiffeisen.

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